Mi chiamo Rebecca Lanzetto. Ho diciannove anni e frequento il quinto anno del liceo scientifico. Non parlo come usualmente si intende ma scrivo. Amo la fisica e la matematica, che mi permettono di capire meglio l’universo che abitiamo. La filosofia e la spiritualità mi permettono di procedere nel cammino di consapevolezza che devo fare in questa vita. Il mio motto è “Rincorri i sogni perchè potrebbero avverarsi”.
SOLITUDINE. Croce o delizia della vita incarnata?
Si sente molto parlare di solitudine. il male dell’uomo occidentale moderno. eppure egli è immerso in città sovrappopolate. palazzi con un numero infinito di piani. comunità affollate come alveari, o formicai e ci troviamo ora a parlare di solitudine.
Per comprendere il tema che ci interessa occorre prima definire che cosa sia la solitudine.
La solitudine è lo stato di chi è solo, come situazione passeggera o duratura (dizionario enciclopedico on line, Treccani). dalla definizione non emerge una valutazione in termini positivi o negativi della solitudine. è lo stato di chi è solo. certo è infatti che tale situazione sarà positiva o negativa a seconda di come il soggetto la viva. ed infatti non mancano esortazioni di maestri a vivere momenti di solitudine da un lato, e denunce di degrado dovute alla solitudine, causa di depressioni ed anche suicidi, dall’altro. alla radice lo stato di solitudine esiste anche in mezzo alla folla e dipende da come il soggetto vive la relazione con se stesso e con il mondo che lo circonda.
Come tutto su questa terra anche la solitudine assumerà un valore costruttivo o negativo a seconda della consapevolezza e della predisposizione del soggetto che la vive. l’uomo non è che relazione, è un essere sociale, senza relazioni profonde ed appaganti muore. ma le relazioni così hanno come base imprescindibile una buona relazione con se stessi e una buona consapevolezza, o conoscenza di se. La conoscenza di sè è il risultato di ricerca interiore che ben in alcuni momenti chiede momenti solitari. Solitudine ricercata, misurata, per divenire persone migliori. d’altra parte anche Gesù , maestro di accoglienza e costruttore di comunità, si ritira in meditazione e preghiera sul monte degli ulivi.
la solitudine come deserto relazionale subito, è invece l’inferno a cui molti uomini oggi sono sottoposti, che, non per condanna ma per una coscienza poco sviluppata, si trovano un mondo interiore che mai curato non è in grado di fiorire e divenire base di relazioni appaganti. Egli vive in una nebbia profonda dove l’altro non viene visto, poichè è troppo
impegnato a guardare i propri piedi. Si sentirà solo anche nella folla.
Ed allora la solitudine è delizia per la vita incarnata, quando strumento misurato ed adeguatamente utilizzato per la crescita interiore e quindi humus per fare nascere relazioni di fratellanza e collettività davvero accoglienti. Sarà al contrario croce dell’umanità, come le notizie di cronaca ci insegnano, quando subita quale esito di una involuzione egoica dell’individuo.
E’ certo però che saremo davvero una comunità umana solo quando chi vede e sa fare buon uso della solitudine sarà in grado di accogliere anche chi si trova in quel deserto privo di relazione.
Proprio il maestro di comunità e di amore insegna che ciò che viene fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avrete fatto a me. Tutti quindi siamo chiamati a fare la nostra parte e chi sa costruire relazioni autentiche è chiamato a sconfiggere il male della solitudine subita dai fratelli più piccoli, con l’arma più potente a nostra disposizione: l’amore.
Riflessioni della dottoressa Monica Greco
Prima di tutto presento a tutti i Lettori Rebecca Lanzetto. E’ una meravigliosa donna adesso e la presi nelle mie cure quando ancora era una bambina. Fra me e la mamma di Rebecca è nata una tale comunione di intenti e determinazione nello studio per Rebecca e per gli altri bambini che, come lei, sono venuti ad insegnarci qualcosa di grande, che ora Marta fa parte del mio team. Mi colpì moltissimo un contenuto che Rebecca scrisse il 10 gennaio 2020 e che vi condivido.
“Volevo nascere aquila con la vista acuta e le ali per volare nel cielo senza confini, nell’aria libera senza il limite del mio corpo rigido e tremolante. Con due battiti d’ali si possono coprire distanze immense, mari e montagne con scenari mozzafiato. Volare è una sensazione che mi ha affascinata, per questo amo Peter Pan. Chissà che bello è potere scrutare i dettagli a km di distanza con precisione! Nei miei sogni io vedo meglio ancora dell’aquila. Nel mio silenzio però ho la fortuna di potere osservare tante cose, più vicine, ma che molti non vedono, come l’inizio di un sorriso sul viso, le sopracciglia che si incurvano prima che esca la rabbia. Tanti dettagli divertenti, buffi e anche commoventi. Forse avrò già volato, chissà, per ora se sono qui così c’è un motivo e sicuramente è un motivo valido perché nella legge universale tutto è sensato”. Io, come medico di Rebecca, dico solo che un brivido mi ha raggiunta su tutta la schiena dopo aver letto queste sue parole e così le ho proposto di scrivere per Luci nel mondo.
Ora commento l’articolo di Settembre:
Dolcissima Rebecca, saggissima Rebecca, quello che tu mi pervieni è una vera e propria disquisizione sulla società moderna, in cui viviamo. Le tue parole sono sagge più di moltissimi adulti, perché in te è sviluppata questa capacità di discernimento e pre-comprensione delle persone e delle situazioni in cui questi vivono.
Ciò di cui mi dici è un qualcosa che porto avanti anche nel mio lavoro di medico, poiché sebbene mi occupi di aspetti legati alla salute organica dei miei pazienti ho sempre un’attenzione alla persona nel suo essere ontologico.
La prima cosa a cui mi viene da pensare, per il progredire di questa società, è proprio il riconoscimento della persona nella sua totalità, e poi nel suo essere in cammino esperienziale nel mondo. Ma come fare cara Rebecca? Dal mio punto di vista gran parte del lavoro sulle interazioni sociali dipendono dall’educazione che ricevono i bambini sia in ambito familiare sia nei contesti più ampi della società. Troppo spesso sento anche io discrepanze educative fra i contesti, e la cosa che più di tutte dovrebbe essere attenzionata è, per me, il singolo nella sua unicità. Siamo sistemi complessi di organi di geni, di connessioni neuronali, di emozioni, di background familiare, e tante volte questi aspetti non vengono valutati. Troppo spesso ci si ferma a una prestazione, a un esito singolo, quando invece esiste un mondo infinito dietro uno sguardo, sia di un adulto tanto più in un bambino.
L’educazione allo sviluppo del proprio sé autentico dentro una società moderna, dovrebbe essereobiettivo principe, per tutti coloro i quali si occupano di ambiti educativi e dell’accudimento dei più giovani.
Io sono sicura che tu con la tua caparbietà indurrai alla riflessione molte persone, perché l’educazione alla solitudine consapevole, come momento di auto riconoscimento, di riflessione di maturazione, possa essere sempre più vista come mezzo di integrazione sociale, e non di esclusione ed emarginazione collettiva.
Un altro aspetto che mi viene in mente, è la curiosità; intorno a me spesso vedo molta poca curiosità verso esperienze o verso persone che sono semplicemente differenti dai propri canoni pre -acquisiti. Dovremmo sempre guardare tutto il mondo con gli occhi di un bambino, puri e limpidi, cosi come diceva Edith Stein, grande filosofa che si concentrò proprio sulle relazioni empatiche nei contesti di apprendimento più variegati.
I bambini che riceveranno un’educazione rispettosa di sé stessi, saranno certamente rispettosi ed empatici verso il prossimo. Ricordo anche che per relazione empatica non si intende una pre-comprensione che porta a vivere gioie e dolori altrui, bensì a una presa di coscienza che conduce le persone a fornire aiuti funzionali pratici ed emozionali concreti, e tutto ciò per me potrebbe realmente avere un impatto sulla nostra società.
Detto ciò io ti chiedo di dare sempre più voce ai tuoi pensieri, perché sono certa che possano essere spunti di riflessione, per tanta gente. Leggendo il tuo scritto ho anche io riflettuto sul mio operato quotidiano, e grazie a te mi riprometto, e ti prometto, che darò sempre il meglio di me, affinché persone come te, e tutti i miei pazienti possano avere, almeno nelle mie contestualizzazioni, relazioni sempre più vere.
Tutto il mio team lavora incessantemente proprio perché i bambini, meritano il meglio da ognuno di noi, e meritano di avere un percorso di vita sempre più globalmente sano e salutare. Grazie dolce Rebecca, conto di leggere presto un tuo nuovo scritto.
La tua dottoressa Monica Greco