LO SGUARDO SFUGGENTE
Mi ricordo che quando ero bambino non riuscivo a guardare negli occhi le persone; mi facevano sentire a disagio con il loro modo di guardarmi come un essere molto diverso da loro.
Io mi sentivo molto osservato. Non mi piaceva come mi guardavano. Mi sembrava che mi volessero dire che ero molto stupido e che ero molto diverso da loro perché io ero molto strano. Questo mi faceva stare male anche se non me lo dicevano con la voce; io percepivo dai loro sguardi quello che pensavano di me.
Mi sentivo sempre osservato come un animale in gabbia; tutti lo guardano ma nessuno si chiede cosa pensa e che cosa desidera.
Bisogna capire perché non riesco a guardare negli occhi la persona che ho di fronte; di solito mi trovo davanti persone che dicono una cosa ma ne pensano un’altra. Queste persone sono tanto false che il mio sguardo non riesce a sopportare e i miei occhi guardano altrove proprio perché mi fanno sentire ancora più autistico.
Prima questa cosa avveniva molto più spesso perché ero circondato da persone quasi tutte ambigue. Adesso finalmente ho incontrato delle persone che mi danno fiducia e mi apprezzano per quello che faccio e per come sono e io sono contento di stare con loro perché sono sincere e hanno fiducia in me. Per me ora è più frequente guardare loro negli occhi.
Quindi il mio sguardo sfuggente non è una malattia, ma è una cosa psicologica cioè incontrare persone che dicono quello che pensano e non ambigue che dicono una cosa ma ne pensano un’altra. Perché queste persone non meritano di essere guardate negli occhi.
Commento della dottoressa Greco
Questo mese ho deciso di fare una domanda diretta agli autori, in quanto come medico e fisiatra ho piacere di conoscere le motivazioni individuali di ognuno di loro per cui non riescono o non riuscivano a mantenere il contatto oculare con l’interlocutore.
Ritengo che lo sguardo, il contatto degli occhi che incontrano altri occhi sia uno dei più importanti segnali di uscita dall’io autistico, sia apertura, empatia e relazione nello stesso tempo.
Per me, ad esempio, uno dei momenti più emozionanti, mentre eseguo la terapia con CRM è quel momento anche se magari effimero in cui mi guardano negli occhi.
A volte c’è da perdersi in quegli sguardi, così limpidi, trasparenti e puri.
Alla luce di ciò che ci riferisce Federico, uno dei comportamenti che dovremmo mettere in pratica per aiutare i bimbi e adulti con autismo a guardarci e non rifuggire con lo sguardo è proprio non farli sentire diversi.
Ricordiamo sempre che loro sono in grado di percepire ciò che pensiamo grazie proprio a come noi guardiamo loro.
Ricordiamo di vivere nel rispetto della autenticità e questo li aiuterà a lasciarsi andare. Quando parliamo con loro, li osserviamo, ci poniamo in relazione, facciamolo con naturalezza e loro a quel punto si fideranno e si fideranno a guardarci.
Scegliamo di meritarci il loro sguardo! facciamo in modo che sia la nostra più grande conquista. Grazie Federico. Nei tuoi occhi c’è da perdersi, come nel mare azzurro.