Quest’anno il 25 novembre ha il nome di Giulia. Arriverà il tempo in cui questa data non avrà più un nome?
Siamo anche quest’anno a scrivere pensieri profondi, parole dal cuore per celebrare la giornata delle scarpette rosse. Siamo di nuovo a ripercorrere le motivazioni filosofiche che sostengono un precetto, quanto mai apparentemente banale, ma che in verità sembra non entrare nelle nostre meravigliose, straordinariamente potenti, ma anche a tratti ottuse, teste: “ non uccidere”. Anzi siamo dovuti arrivare a specificare bene che le donne non devono essere vittime di violenza. Le donne in sostanza non si uccidono. Pensiero innovativo? Davvero abbiamo bisogno di vedere delle scarpe rosse in giro, per ricordarci che il diritto alla vita è un diritto inviolabile dell’uomo, indipendentemente dal corpo che indossa?
Evidentemente la risposta è si.
Tutto ciò che si è scritto, tutto ciò che si è fatto fino ad ora, però non credo abbia funzionato particolarmente bene.
Anche quest’anno il 25 novembre ha preso un nome: Giulia, ragazza assurta alle prime pagine dei quotidiani, perchè, nei primi giorni di novembre, è statata barbaramente uccisa da un “non” uomo. Un ragazzo della sua età, un ragazzo per tutti normale, che normale non era: un ragazzo che nel passato diceva di amarla. Ma il 25 novembre potrebbe avere tanti altri nomi ed è quanto mai probabile che ne avrà ancora molti in futuro.
Ed allora come si può cambiare prospettiva, per introdurre nuove soluzioni, che magari siano più ispiranti e promuovano un salto di coscienza collettivo?
L’uomo impara la virtù per imitazione, come ci insegna Socrate, così come impara la violenza e tutti gli altri comportamenti disfunzionali. Sta a noi scegliere quale modello proporre.
Il modello violento non appartiene al neonato, viene appreso per imitazione familiare, sociale, culturale. Il contesto in cui cresce è ciò che determinerà il suo temperamento e la sua visione della vita.
Se siamo tutti d’accordo che amore e rispetto, compassione e amicizia, sono tutti incompatibili con violenza, sopruso, omicidio, allora dovremmo agire affinche i modelli proposti siano depurati da uqesti ultimi e siano perfetta espressione dei primi.
La via attiva per eliminare la violenza dai nostri cuori e fare pratica di virtù sarà quindi nel trasformare la nostra cultura, i nostri media, in veri esempi di amore e fratellanza.
Invece che fare la giornata “scarpe rosse”, eliminiamo videogames con violenza, sopruso e inganno. Facciamo in modo che nei telegiornali si diano notizie edificanti di bellezza e umanità. Creiamo corsi sull’educazione alla gentilezza, all’amore consapevole fin dalla prima infanzia.
Potenziamo le risorse delle scuole e dei servizi sociali che possano sostenere le famiglie disfunzionali, così che si possano aiutare queste anime in difficoltà a conoscere la vita vera.
Per gli adulti finanziamo studi e progetti economici che si fondino sulla cooperazione e l’amore, etici nel vero senso profondo della parola, così da fare toccare con mano che ad essere veri uomini ci si guadagna.
In fin dei conti questa rivoluzione porterà solo del bene, e le anime che, ad oggi, hanno lasciato il corpo per mano della violenza, o le vittime che si portano inciso nel cuore il dolore dei soprusi subiti, vedranno il loro sacrificio onorato e vivificato.
Le parole non servono a nulla se non trovano riscontro nell’azione efficace.
Solo allora le scarpette rosse avranno un senso per me.
Una proposta che posso fare a tutti noi: ogni giorno andiamo a dormire lasciando il mondo un posto un pochino migliore rispetto a come lo abbiamo incontrato la mattina. Come? Ognuno può scegliere il suo.
Un piccolo gesto, come il famoso battito d’ali della farfalla in grado di creare uno tsunami del famoso paradosso, potrà creare un grande cambiamento.
Io cosa farò? Tu che cosa farai?
Rispondiamo con entusiasmo, ringraziando che come dice Marco Ferrini errare è umano, perseverare è diabolico ma correggersi è divino. Già noi possiamo correggerci perchè siamo divini, basta solo non pensarci ma agire secondo la nostra vera essenza!
Riflessioni della dottoressa Monica Greco
Cara, dolce Rebecca,
Questa tematica, mi tocca moltissimo, perché nella mia pratica medica ogni giorno vedo spesso modelli educativi fuorvianti.
Si il termine appropriato è proprio questo, poiché per troppo tempo è stato tramandato un modello di comportamento sociale di disparità di genere, ma non solo questo, si tratta di una mancanza di educazione emozionale, ovvero l’opportunità di apprendere come gestire le proprie emozioni, con una tendenza negativa a voler prevaricare chi ci sta di fronte.
Tutto questo accade per il bisogno nascosto di voler essere visti, ciò va al di là di un modello di apprendimento contestualizzabile in un tempo definito come educazione infantile. Molto spesso vediamo in una stessa famiglia, molte generazioni passate, in cui vari membri reiterano questo tipo di comportamenti.
Cosa fare dunque?
Molto spesso non è sufficiente un componente, di una stessa famiglia, per poter portare luce in questa concatenazione di eventi, in questa spirale involutiva; a volte è necessario avvalersi con volontà di figure esterne che possano guidare con fiducia i soggetti in primo luogo verso delle prese di coscienza, nel vedere le ferite che solcano la vita del singolo.
Per questo nella mia Accademia di Naturopatia Scientifica dedico ampio spazio all’approfondimento di tali questioni, e nel mio team mi avvalgo di figure specifiche, molto preparate per supportare le dinamiche emozionali delle famiglie che si affidano a me come medico.
Il corpo e la mente sono fondamentali per avere quell’equilibrio che in vero ogni individuo cerca e desidera, ed è altrettanto basilare per le famiglie, raggiungere questo equilibrio per supportare a loro volta, i propri giovani.
Se ogni piccolo passo venisse attuato sempre piu in coscienza di quanto detto, si potrebbe invertire il moto della spirale, e le azioni del singolo porterebbero, dal mio punto di vista, a una concreta evoluzione sociale. Giorno dopo giorno, passo dopo passo, io voglio dare il mio contributo per una società più preparata ad affrontare le emozioni e le criticità del vivere quotidiano nel nome dell’amore, del non giudizio e della possibilità di andare oltre anche a ciò che ci portiamo dentro come fardelli e credenze non nostre.
Se il mio sogno, se le mie progettualità, avranno sempre più riscontri, mi auguro con fiducia di avere meno articoli di cronaca sulle tristi scarpette rosse.
Dottoressa Monica Greco